Uno studio pubblicato su Science lo ha rivelato al mondo nel 2017: bastano 6 anni di vita per cambiare la consapevolezza di sé delle bambine.
È infatti proprio a partire da quell’età che i ricercatori hanno iniziato a notare come, su un campione di 600 bambine, le femmine inizino ad associare le esponenti del loro genere non più alla categoria proposta “very, very smart” ma a quella “very, very nice” [i], dimostrando di aver già iniziato ad interiorizzare il pregiudizio che vede le figure maschili come maggiormente brillanti e quelle femminili come più gentili. Solo 6 anni, e gli stereotipi condizionano già le loro vite, e il loro futuro. Le bambine capiscono che possono anche essere più brave a scuola, ma non si percepiscono brillanti, e questo le porta a ridimensionare le loro aspettative su quali attività potranno intraprendere nella loro vita.
Durante il loro percorso di crescita, condizionamenti e stereotipi si moltiplicano, soprattutto per le ragazze con famiglie meno supportive nello spingerle a sognare in grande. Un percorso a bivi, che alterna pregiudizi, messaggi pubblicitari pressanti, logiche social controproducenti che hanno pesanti effetti sulle generazioni di giovanissimi ambosessi. E in tutto questo la risposta delle ragazze è spesso quella di ridurre consapevolmente il loro ventaglio di scelte, cercando un equilibrio tra ciò che desiderano e ciò che la società si aspetta da loro. L’inedita situazione pandemica affrontata negli ultimi due anni non solo ha aggravato la disparità esistenti tra uomini e donne, ma l’ha anche resa più evidente, mostrando con i numeri all’opinione pubblica la maggiore fragilità a cui le donne sono esposte, soprattutto in ambito lavorativo.[ii]
E la risposta non può che essere una maggiore spinta, fin da giovanissime, ad allargare le proprie prospettive, essere più indipendenti e determinate nel dimostrare il proprio valore, contro ogni pregiudizio.
Negli anni si sono moltiplicate le iniziative “rosa”, per rompere le consuetudini ed avvicinare le ragazze a carriere meno convenzionalmente associate a loro, ma si tratta spesso di declinazioni al femminile di formule già esistenti, senza una specifica attenzione a rafforzare in primo luogo la consapevolezza e la fiducia in sé stesse, concentrandosi sui contenuti e meno sul contenitore. Ma è universalmente noto che non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che lo ha creato, per questo è importante studiare proposte nuove, che incentivino le ragazze a interrogarsi in modo onesto e obiettivo su chi sono e cosa vogliono essere, e convincersi che sì, anche loro possono creare, e guidare, qualcosa.
Nell’era della Sheconomy [iii] avanza la consapevolezza di come il mondo potrebbe fare un balzo in avanti se ad oltre la metà della popolazione mondiale venisse data la facoltà di raggiungere il pieno potenziale: quante Marie Curie si nascondono al mondo? O, più cinicamente: quante startup e imprese “rosa” sarebbero sorte ad animare il mercato, se ci fosse più fiducia nell’imprenditoria femminile, soprattutto al di fuori dei programmi e delle organizzazioni a questa dedicate?
Per questo servono nuove strade, che puntino a rafforzare non solo le competenze delle ragazze, ma soprattutto la loro fiducia in se stesse e nella possibilità di diventare esse stesse delle leader: anche Innois ci sta provando, supportando il LeaderShe Camp promosso da Open Campus, laboratorio di innovazione aperta e spazio di coworking con sede a Cagliari, e Tlon, scuola permanente di filosofia e immaginazione, casa editrice e una catena di librerie teatro con sede a Roma, con il sostegno di Fondazione di Sardegna e Innois.
Un laboratorio intensivo di 4 giorni rivolto a 20 ragazze dai 18 ai 25 anni, per riconoscere se stesse, dare forma ai propri obiettivi e dotarsi degli strumenti per realizzarli, confrontandosi con un team, tutto femminile, che può essere di ispirazione e supporto, e dove poter iniziare a costruire e praticare quella supposta mancata solidarietà di genere, che come profezia autoavverante indebolisce e rallenta molti dei potenziali brillanti sviluppi che potrebbero nascere se solo si credesse un po’ di più nella capacità delle donne di essere le persone giuste al posto giusto.